Il secondo incontro di #Formpol24 del 24 febbraio si è aperto con le riflessioni di Padre Francesco Occhetta, il quale ha approfondito la regola IX del discernimento scritta nel 1523 da Sant’Ignazio che spiega le cause della desolazione e come interpretarla. Tre sono quelle principali il male fatto a un altro, il male subito da un altro e il male che esce da me e dagli altri. Il rimedio è uscire da sé senza rimanere chiusi in sé in cui la desolazione impone di stare, è sempre la costruzione del bene che vince il male.

In continuità come esordio del suo intervento Tommaso Labate ci ha fatto riflettere su alcuni errori che vengono commessi da chi comunica, ad esempio chiedere alla politica di non fare parole ma fatti. Tommaso Labate ci ha invitato a riflettere sull’uso delle parole, che è fondamentale; infatti, non dobbiamo semplificare il linguaggio e rendere tutto veloce e mainstream, è necessario evitare tutto ciò che è eccessivamente breve, nella comunicazione non dovrebbero essere riproposti concetti senza riflessione.

Successivamente Rosi Russo ci ha invitato a riflettere sull’uso delle parole; infatti, il modo in cui comunichiamo riflette noi stessi, ognuno di noi ha il desiderio primordiale di essere amato e accolto, in questo senso le parole che usiamo riflettono la nostra essenza, plasmando le relazioni e il mondo intono a noi.

In questo senso il linguaggio diventa fraterno, il collante sociale in grado di costruire ponti e distruggere barriere, anche attraverso semplici gesti come un abbraccio fisico o un abbraccio virtuale.

Infine, Mattia Ferrari, raccontandoci dell’esperienza di Mediterranea, che ricostruisce le storie dei migranti che perdono la vita in mare, ci ha invitato a non ridurre la comunicazione alla semplice narrazione dei fatti e dei numeri. Questa è una trappola che semplifica la narrazione, che porta solo conflitto e divisione.

Invece, la potenza delle parole risiede nella capacità di trasformare il nostro modo di vedere e di agire nel mondo. Sono le parole che plasmano le relazioni umane, costruendo ponti anziché muri, e spingendoci a vivere la fraternità che ricuce i rapporti sociali dilaniati e feriti dalle guerre e dalla violenza.