di Ciro Cafiero
Il futuro del Paese dipende da due condizioni: etica e capacità di visione della classe politica che conquisterà le urne di oggi. L’etica è la condotta che, ispirata dal discernimento, persegue l’obiettivo del bene comune. È lo stile del civil servant. Come aveva intuito Kant, la politica non farà un passo avanti se non avrà dato precedenza all’etica. Un’immagine può descrivere la capacità di visione. Il Paese è sotto una burrasca, con scarse condizioni di visibilità, e si trova di fronte ad un guado, oltre il quale si snodano molti sentieri, di cui solo uno conduce a destinazione perché tutti gli altri sono morti. La futura classe politica è chiamata a “vedere” oltre le condizioni avverse per incamminare il Paese sul sentiero giusto.
Dalla campagna elettorale sono emerse molte proposte, e parte di esse riflettono le contingenze e i problemi quotidiani. Calmierare il prezzo dell’energia, combattere l’inflazione al 9%, promuovere i rigassificatori e contrastare il Covid sono misure importanti, ma riescono solo a “saltare” il guado, non tracciano una strada orientata al futuro. Le vere esigenze che, come pietre miliari, dovrebbero guidare il percorso sul sentiero giusto, quello che si trova appena oltre il guado, riguardano la lotta alla denatalità, le politiche ambientali, la giustizia e la sanità. La storia contemporanea ci offre un esempio di come questi due atteggiamenti possono convivere. Ad esempio, quando, nel 1929, Roosevelt fu chiamato a risolvere la crisi negli Stati Uniti varò un programma articolato su due fasi. La prima fu di soccorso immediato e di riparazione degli errori del passato: “relief” e “recovery”. La seconda di integrale riforma: “reform”. È il famoso programma delle tre “R”.
Guardiamo ora più da vicino le pietre miliari che dovranno guidare il paese nella sua fase di reform. La natalità è il lievito del Paese. Se non ci sono nuovi nati, non ci sono lavoratori, crollano i consumi, traballa il patto intergenerazionale pensionistico tra giovani e anziani, con una spirale che avvolge l’economia sino al collasso. Il 2030, per l’Italia, potrebbe rivelarsi un annus horribilis con appena 300 mila nati, contro il numero già preoccupante di 400 mila del 2021 rispetto ad una popolazione di 60 milioni di abitanti. Combattere la denatalità significa, anzitutto, investire sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Infatti, la natalità non cresce dove l’occupazione svetta, ma dove è possibile conciliarla con gli impegni di vita privata, secondo un’equa ripartizione dei compiti tra i genitori. In questo senso, il bonus per asili nido e premialità per le aziende con risultati virtuosi in termini di work life balance sono solo due possibili soluzioni.
Il lavoro, invece, è garanzia di dignità e strumento di affermazione della personalità nella compagine sociale. Oggi non manca il lavoro ma mancano i lavoratori. Questo si applica soprattutto nelle aree STEM (science, technology, engineering and mathematics) dove la presenza femminile è evanescente; nei settori dell’Industria 4.0, che richiedono un’adeguata specializzazione tecnica; nell’edilizia e nei trasporti. Inoltre, nuove opportunità nasceranno nei settori del green, dei servizi alla persona, dell’agricoltura. Occorrono importanti investimenti in competenze. La riforma della scuola gioca un ruolo fondamentale
L’ambiente, come ci ricorda Papa Francesco, nella Laudato Si, è la nostra casa comune. I danni causati dal riscaldamento globale ne sono solo l’effetto più evidente. Occorrono una strategia europea, il “Green New Deal” e ragionati investimenti sulla transizione energetica verso fonti sostenibili, come più volte ricordato sulle colonne di questo giornale.
La giustizia è vittima di uno storico dibattito ideologico tra i fautori del suo carattere distributivo, a garanzia dell’equità sociale, sulle orme di John Rawls e chi, all’opposto, come Axel Honneth, del suo carattere affermativo-identitario, a garanzia di specifiche istanze di riconoscimento sociali. Le urgenze per la giustizia sono l’accelerazione dei tempi di definizione dei processi, la certezza del diritto, veicolo di attrazione degli investimenti stranieri, e la riscoperta del carattere riparativo della pena per bilanciarlo con quello afflittivo. La sanità vive un profondo bias: utilizza strumenti di cura uguali per situazioni diverse. Ad esempio, i c.d. Lea, i livelli essenziali di assistenza a carico del Servizio Pubblico Nazionale, non sono in grado di assecondare le istanze della vasta popolazione affetta da malattie rare. Agli studenti malati di Sma (Atrofia Muscolare Spinale), dotati di straordinarie capacità cognitive, sono assegnati insegnanti di sostegno di cui non hanno bisogno. Le persone con sindrome di Down o affette da autismo sono messe ai margini dei posti di lavoro perché mancano accomodamenti ragionevoli. Invece, esistono nel paese realtà come “L’Albergo Etico” e “PizzAut” che dimostrano la loro straordinaria efficienza in contesti giusti. È tempo di una sanità personalizzata, di cure domiciliari ad hoc, di cure che investono sulle potenzialità delle persone.
Ma l’azione riformatrice funzionerà solo se sarà sorretta da un metodo. La futura forza politica dovrà essere in grado di preservare ciò che di buono è stato compiuto da chi l’ha preceduta e riformare ciò che è necessario, per evitare che nuove leggi si aggiungano a leggi e annullino leggi, con un gioco a somma zero. È chiaro: etica e visione impongono scelte difficili. Occorrono passi misurati e sapienti. Riecheggia, forte, l’imperativo einaudiano: “conoscere per deliberare”.