All’ordine del giorno della ripresa dei lavori parlamentari del nuovo anno c’è l’esame, presso le Commissioni riunite VI (Finanze) e XI (Lavoro pubblico e privato) della Camera dei Deputati, della proposta di iniziativa popolare riguardante «La partecipazione al lavoro. Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori». L’intento è porre le basi per una revisione degli attuali modelli organizzativi del lavoro, implementando i meccanismi partecipativi, e dare piena attuazione al dettato costituzionale che riconosce ai lavoratori il diritto di collaborare alla gestione delle imprese in un’ottica di promozione dello sviluppo e della coesione sociale.

Sarebbe utile allora riscoprire l’art. 46 della Costituzione, nostro malgrado rimasto sostanzialmente inattuato. La stessa Costituzione che, nel sancire la nostra Repubblica “fondata sul lavoro”, aggiunge: «Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende».
Se è vero che l’intento originario dei costituenti fosse valorizzare la dignità e il ruolo centrale della persona come pilastro di una società più giusta, altrettanto evidente emerge da una lettura attenta degli artt. 35 e 46 Cost. l’idea di una “elevazione” che non si limita alla sola crescita economica, ma abbraccia anche lo sviluppo spirituale e sociale dei lavoratori. È una visione complessa e sfaccettata che mira a costruire una società dove la prosperità materiale si fonde con il progresso umano.

La partecipazione dei lavoratori intesa come diritto di contribuire attivamente alla governance aziendale, non è solo un principio ideale, ma si rivela anche un ingrediente essenziale per il progresso economico. Figure di grande spessore storico e giuridico come Costantino Mortati, Luigi Sturzo e Pietro Calamandrei hanno sostenuto con forza questa visione, riconoscendo nella partecipazione un obiettivo irrinunciabile per completare il progetto democratico del Paese. È proprio in questo solco che va riletta l’interpretazione dell’articolo 46 Cost., quale garanzia di una democrazia economica in cui le decisioni non vengono prese dall’alto in modo unilaterale, ma sono condivise, generando un equilibrio più giusto e una visione paritaria tra capitale e lavoro. Un cammino verso una realtà più equa, dove la voce del lavoratore non è solo un’eco, ma una parte integrante dell’armonia collettiva.

Mai come oggi, quindi, questo principio appare essenziale per rispondere alle sfide di un mondo del lavoro in rapida trasformazione incarnando un’idea di democrazia inclusiva e dinamica.

Il tema della partecipazione basata su una gestione collettiva e condivisa, offrirebbe molteplici vantaggi: dalla costruzione di relazioni fondate sulla fiducia e sulla lealtà, alla creazione di una ricchezza (soprattutto umana) che si riflette non solo sugli stessi imprenditori, ma anche su tutti gli attori coinvolti.

Nonostante in Italia vi siano da qualche anno segnali di cambiamento (principalmente dopo la pandemia), non mancano le resistenze, sia di natura culturale che organizzativa. Le associazioni datoriali e sindacali, pur partendo da posizioni diverse, stanno rivalutando l’importanza della partecipazione. Numerosi esempi di buone pratiche ci offrono prove tangibili dell’efficacia di tali iniziative. Aziende come Poste Italiane, Inwit, Luxottica, Lamborghini, Ducati, Enel e molte altre hanno infatti coinvolto i lavoratori nella gestione delle funzioni organizzative e nella condivisione dei profitti, talvolta anche attraverso la distribuzione di quote azionarie.

Questi esempi rappresentano un modello virtuoso e ricco da cui trarre ispirazione per progettare un sistema di partecipazione capace di estendersi su scala più ampia. Un sistema che, come evidenziato dalla CISL, promotrice convinta della proposta di legge, non dovrebbe limitarsi alle grandi imprese, ma abbracciare tutte le forme di organizzazione datoriali (non solo realtà aziendali tradizionali, ma anche organizzazioni no-profit, istituzioni educative, fondazioni, enti culturali e persino pubbliche amministrazioni). L’obiettivo è creare un paradigma universale, capace di integrare la condivisione lavorativa come principio cardine per promuovere coesione sociale, valorizzazione del capitale umano e un progresso inclusivo che coinvolga ogni settore della società, una democrazia partecipativa e cooperativa, dove il lavoro non sia solo un mezzo, ma diventi uno strumento fondamentale di crescita economica e sociale, un motore per lo sviluppo di una società più equa e inclusiva. Nell’attuale contesto di instabilità e trasformazioni profonde promuovere una gestione cooperativa delle sfide aziendali appare non solo auspicabile, ma necessario. Una partecipazione multilivello – gestionale, economico-finanziaria, organizzativa e consultiva – può rappresentare la base per un rinnovo complessivo del sistema produttivo. Rafforzare il dialogo tra aziende e rappresentanze sindacali, spostandolo da un’ottica puramente distributiva a una collaborazione proattiva, potrebbe innescare un circolo virtuoso di innovazione e crescita sostenibile.

Al centro di questa trasformazione c’è la persona, vero fulcro del lavoro e della società. Promuovere la partecipazione significa riconoscere il valore intrinseco di ogni lavoratore, non solo come ingranaggio produttivo, ma come soggetto attivo, portatore di idee, competenze e aspirazioni. È una visione che ribadisce l’importanza del capitale umano quale motore di sviluppo economico e coesione sociale, in grado di favorire relazioni più autentiche e costruttive nei luoghi di lavoro e oltre.

Questo percorso, se affrontato con il necessario impegno e la collaborazione tra le parti sociali, non si limiterà a sanare una storica lacuna legislativa, ma contribuirà a delineare un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo, capace di rispondere alle sfide di un mercato globale in continua evoluzione. La com-partecipazione non è solo un valore ideale, ma una concreta possibilità di crescita condivisa per l’intera società italiana, in cui la persona torna ad essere protagonista.

La proposta di legge rappresenta un segnale di fiducia, con oltre 400.000 firme e un consenso trasversale tra maggioranza e opposizione. Inoltre, lo stanziamento di 70 milioni di euro previsto dall’ultima legge di bilancio 2025 per incentivare le imprese ad adottare una governance partecipativa è un passo importante verso la realizzazione di un sistema produttivo più inclusivo e innovativo. Certo, la strada verso una piena attuazione del principio di partecipazione è ancora lunga, ma le condizioni per un cambiamento storico sembrano finalmente essere mature.