La libertà di espressione dei giudici.

Il tema dei rapporti tra comunicazione e informazione è strettamente correlato a quello della libertà di espressione, cui è dedicato il parere n. 25 (2022) del Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE). Il testo contiene una serie di raccomandazioni ai giudici di tutta Europa su come esercitare il loro diritto alla libertà di espressione sia all’interno che all’esterno del tribunale, compresi i media e i social media.

Il parere rileva che i giudici godono del diritto alla libertà di espressione come qualsiasi altro cittadino. Tuttavia, nell’esercizio di questo diritto, devono tenere presente le loro specifiche responsabilità e i loro doveri nella società, oltre agli obblighi di segreto professionale legati al loro ruolo giudiziario. Il CCJE ritiene che i giudici debbano essere moderati nell’esprimere i propri punti di vista e le proprie opinioni in qualsiasi circostanza in cui, agli occhi di un osservatore ragionevole, la loro dichiarazione potrebbe compromettere la loro indipendenza o imparzialità, la dignità del loro ufficio o mettere a repentaglio l’autorità della magistratura. In particolare, devono astenersi da commenti sul merito dei casi di cui si occupano. I giudici devono inoltre preservare la riservatezza dei procedimenti.

Come principio generale, i giudici devono evitare di essere coinvolti in controversie pubbliche. Anche nei casi in cui è consentita la loro appartenenza a un partito politico o la loro partecipazione a dibattiti pubblici, è necessario che i giudici si astengano da qualsiasi attività politica che possa compromettere la loro indipendenza o imparzialità, o la reputazione della magistratura.

Il parere mette altresì in evidenza che ogni qualvolta la democrazia e lo Stato di diritto sono minacciati, ogni giudice ha il dovere di esprimersi in difesa dell’indipendenza giudiziaria e dell’ordine costituzionale, anche su questioni politicamente sensibili. I giudici che parlano a nome di un consiglio o di un’associazione giudiziaria dovrebbero godere di un livello di protezione più elevato. Si sottolinea, inoltre, che i singoli giudici – così come i Consigli e le associazioni giudiziarie – hanno il “dovere etico” di spiegare al pubblico il sistema giudiziario, il funzionamento della magistratura e i suoi valori, al fine di promuovere e preservare la fiducia del pubblico nell’attività giudiziaria.

I giudici devono essere consapevoli dei vantaggi e dei rischi della comunicazione mediatica. A tal fine, la magistratura dovrebbe fornire ai giudici una formazione che li educhi all’uso dei media, che possono essere utilizzati come un eccellente strumento di sensibilizzazione del pubblico. Allo stesso tempo, occorre sensibilizzare i magistrati sul fatto che, quando si pubblica sui social media, tutto ciò che viene condiviso online diventa permanente, anche dopo averlo cancellato, e può essere liberamente interpretato o addirittura estrapolato dal contesto. Gli pseudonimi non coprono i comportamenti online non etici. I giudici devono astenersi dal pubblicare qualsiasi cosa che possa compromettere la fiducia del pubblico nella loro imparzialità o che sia in conflitto con la dignità del loro ufficio o della magistratura.

Le regole o i codici di condotta riguardanti la portata della libertà di espressione dei giudici e le eventuali limitazioni al suo esercizio dovrebbero essere redatte dai giudici stessi o dalle loro associazioni giudiziarie.

 

L’uso dei social media da parte della magistratura.

L’utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronica e dei social media da parte dei giudici è tema oggetto di ampio dibattito in altri sistemi giudiziari. La letteratura registra un’ampia produzione di pareri e di codici di condotta[1].

Tra i documenti internazionali vanno richiamati il rapporto sull’uso individuale e istituzionale dei social media nella magistratura, adottato dall’assemblea generale della Rete europea dei consigli di giustizia (ENCJ) il 10 giugno 2020[2] e le Linee guida non vincolanti sull’uso dei social media da parte dei giudici[3], pubblicate dalla Rete mondiale per l’integrità della giustizia, promossa nell’ambito delle attività dell’ufficio delle Nazioni unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC).

Il documento dell’ENCJ, accanto alla comunicazione istituzionale, dedica la sua analisi all’uso dei social da parte dei singoli magistrati, sottolineando, in particolare, la necessità che i Consigli della magistratura prestino attenzione alle comunicazioni dei giudici e dei pubblici ministeri che interagiscono con gli operatori del settore attraverso canali non formali. Se ciò può comportare dei rischi, potendo avere un impatto sulle relazioni tra i poteri dello Stato, sollevando questioni etiche, non di meno i canali informali possono preparare e sostenere un successivo dialogo costruttivo. A tal fine, si evidenzia come i singoli giudici dovrebbero ricevere linee guida e regole etiche per la comunicazione. I giudici dovrebbero acquisire la consapevolezza di essere responsabili di qualsiasi cosa dicano, anche se comunicano in modo non formale, richiamando il documento la necessità di un equilibrio tra la libertà di espressione e le regole etiche. Accanto all’opportunità di un raccordo con le associazioni giudiziarie dei singoli paesi, allo scopo di aumentare l’efficacia derivante da un’azione congiunta, il rapporto richiama l’importanza della formazione su questi temi.

Anche le linee guida definite dalla Rete mondiale per l’integrità della giustizia[4] sottolineano la necessità di trovare un punto di equilibrio tra i valori coinvolti, dati i rischi ma anche le opportunità derivanti dall’uso dei social media da parte della magistratura. In un’epoca in cui la partecipazione alla vita sociale dei magistrati include la possibilità di essere coinvolti in attività online, il documento sottolinea come alla magistratura non dovrebbe essere proibita un’adeguata partecipazione ai social media. Tuttavia, l’interesse pubblico in tale coinvolgimento deve essere bilanciato con la necessità di mantenere la fiducia della collettività nella magistratura, il diritto a un giusto processo, così come l’imparzialità, l’integrità e l’indipendenza del sistema giudiziario nel suo complesso.

In tal senso, i giudici dovrebbero avere una comprensione generale del fenomeno dei social media, indipendentemente dal fatto che ne facciano uso, e dovrebbero ricevere una formazione specifica sui benefici, gli svantaggi e i rischi associati sia al loro uso personale, sia all’uso da parte dei loro familiari, amici stretti e del personale giudiziario. Accanto ai benefici legati all’utilizzo istituzionale dei social da parte degli uffici giudiziari, in circostanze appropriate[5], raccomandazioni specifiche, rivolte all’uso personale, sono dedicate alla questione dell’identificazione dei giudici sui social media, alle amicizie e alle relazioni, agli aspetti legati alla riservatezza e alla sicurezza, nonché alla formazione su questi temi, con particolare attenzione ai magistrati appena nominati.

Se sull’uso di pseudonimi non è stato raggiunto un consenso, non raccomandando né proibendo il loro impiego, le linee guida prescrivono l’opportunità di una continenza nelle forme e nei contenuti dei messaggi divulgati, tenuto conto dei principî di dignità, imparzialità ed equità giudiziaria che si applicano anche alle comunicazioni sui social media. In tal senso, al di là di opinioni che possano compromettere l’immagine della magistratura, le linee guida sottolineano come i giudici non dovrebbero impegnarsi in scambi su piattaforme di social media o servizi di messaggistica con le parti, i loro rappresentanti o il pubblico in generale su casi che sono stati o che possono essere portati alla loro cognizione. Altrettanta cautela dovrebbe essere dimostrata nel «seguire» o nel mostrare di «gradire» certi gruppi di sostegno, campagne o commentatori quando la loro associazione potrebbe minare la fiducia del pubblico nell’imparzialità del giudice o della magistratura in generale, così come dovrebbe essere inibita la promozione, diretta o indiretta, di propri o altrui interessi finanziari o commerciali.

Sul tema delle amicizie e sulle relazioni, il testo raccomanda di esercitare la dovuta cautela. Si prescrive, in tal senso, di monitorare periodicamente gli account sui social media, passati e presenti, rivedere i contenuti e le relazioni, se necessario, giungendo a cancellare e/o bloccare i follower, amici, ecc. quando l’inosservanza di ciò creerebbe ragionevolmente un’apparenza di pregiudizio o di parzialità. I giudici dovrebbero evitare di accettare o inviare richieste di amicizia alle parti o ai loro rappresentanti legali, e avere con loro qualsiasi altra interazione sui social media. Lo stesso vale per i testimoni o le altre persone conosciute che siano interessate dal giudizio. I giudici dovrebbero essere formati su come informare le loro famiglie, gli amici più stretti, il personale del tribunale, sugli obblighi etici di un giudice e su come l’uso dei social media possa minare il rispetto di tali obblighi.

Indipendentemente dalle opzioni di configurazione sulla riservatezza, le linee guida raccomandano che i magistrati non facciano commenti o adottino una condotta che potrebbe essere imbarazzante o inappropriata se divenisse di dominio pubblico. Altrettanta consapevolezza deve sussistere in relazione ai rischi e all’opportunità di condividere informazioni personali sui social media. Che li usino o meno, i giudici dovrebbero inoltre prestare attenzione al loro comportamento in pubblico, poiché foto o registrazioni, attraverso tali mezzi di comunicazione, possono essere effettuate e poi diffuse rapidamente.

 

[1] In Italia si veda per i giudici amministrativi la delibera del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa del 25 marzo 2021 https://www.giustizia-amministrativa.it/-/delibera-sull-uso-dei-mezzi-di-comunicazione-elettronica-e-dei-social-media-da-parte-dei-magistrati-amministrativi-consiglio-di-presidenza-della-giust su cui G. Grasso, Liberà di espressione e regole di condotta: l’uso responsabile dei social media da parte della magistratura, in Foro it., 2021, III, 313.

Tra i diversi documenti elaborati in Europa: Direction des services judiciaires, Ministère de la Justice, Du bon usage des réseaux sociaux à titre privé. Conseils pour une utilisation éclairée et responsable, 2017; Judiciary of England and Wales, Guide to Judicial Conduct, 2020; The Union of Judges of the Czech Republic, Six conclusions with regards to the use of social media by judges, 2017; Iberoamerican Commission on Judicial, Uso ético de las redes sociales. Recomendación de la Comisión Iberoamericana de Ética Judicial, 2015.

Vasta è altresì la produzione negli Stati Uniti. Un articolo in due parti, che analizza i pareri e le decisioni disciplinari sui social media e l’etica giudiziaria negli Stati uniti, è stato pubblicato da C. Gray, social media and judicial ethics: Part 1, in Judicial Conduct Reporter, vol. 39, n. 1, 2017, https://www.ncsc.org/__data/assets/pdf_file/0015/15513/jcr_spring_2017.pdf, e social media and judicial ethics: Part 2, id., vol. 39, n. 2, 2017, , mentre un aggiornamento al 2020 degli stessi temi è apparso in social media and Judicial Ethics Up-date, https://www.ncsc.org/__data/assets/pdf_file/0025/37564/SocialMediaandJudicialEthics-Update-nov-2020.pdf. Sul tema, in passato, v. P. Sammarco-L. Guidobaldi, L’amicizia tra giudice e avvocato nei social network (nota a State jurisdictions [Usa] Florida 17 novembre 2009, Foro it., Rep. 2010, voce Diritto comparato, n. 553), in Dir. informazione e informatica, 2010, 505.

Testi di disciplina sono presenti anche in altre aree geografiche: Supreme Court, Office of the Court Administrator, All Judges and court personnel of first and second level court, OCA Circular N. 173-2017, Proper use of social media, 2017, Philippines; Chief Justice Allsop, Federal Court of Australia, Guidelines for Judges about using electronic social media, 6 December 2013, Australia; Council of Notables, Costa Rica Judicial System, Uso de redes sociales, Recomendación 1-2015, Conclusion 3; The Brazilian Magistrates Association, Manual for the Magistrates’ Use of social media, 2017, Brazil; South Africa Judicial Conduct Committee, 13 February 2017.

[2] https://tinyurl.com/385x3k7

[3] Non-Binding Guidelines on the Use of Social Media by Judges, developed by the Global Judicial Integrity Network of UNODC, https://tinyurl.com/2p894hea e Discussion Guide: The Use of Social Media by Judges, developed by the Global Judicial Integrity Network of UNODC, https://tinyurl.com/3pb7zcy4

[4] Il testo è il frutto di un articolato percorso di approfondimento, che ha visto la realizzazione di sondaggi tra giudici, altri operatori del settore di tutto il mondo e il lavoro di un gruppo di esperti.

[5] In cui la comunicazione può costituire uno strumento prezioso per promuovere questioni di: a) accesso alla giustizia; b) amministrazione della giustizia, in particolare efficienza e tempestività giudiziaria; c) responsabilità; d) trasparenza; e) fiducia pubblica nei tribunali e negli organi giudiziari, rispetto e comprensione degli stessi.