Immagina una città come Roma o Milano, dove esistono tifosi di due squadre rivali. Nella concezione populista, la “tensione” tra di loro non si limita ai 90 minuti della partita, ma si protrae nella vita quotidiana. Per esempio, un tifoso della Roma, proprietario di un’azienda, potrebbe pensare che il miglior operaio, sostenitore della Lazio, non meriti il suo lavoro semplicemente perché appartiene al gruppo dei “bianco celesti”. In contrasto, nella concezione della fraternità, questi due individui discutono apertamente di calcio e si adoperano per migliorare sia la situazione aziendale che quella cittadina, collaborando insieme senza pregiudizi, senza considerare l’altro indegno di essere una buona persona solo per il fatto di essere “bianco celeste” o ” giallo rosso”. La principale differenza nella concezione della fraternità risiede nel fatto che l’altro è visto come una persona umana, non solo come un tifoso. Qui è evidente la portata della energia distruttiva generata dal populismo.

Per questo il populismo non è una soluzione! Nel tempo odierno, aumentano i governi populisti, che sembrano una buona scelta e un rifugio dove nascondersi davanti ai diversi. In realtà, è tutto il contrario. L’enciclopedia Treccani definisce il populismo come: «atteggiamento ideologico che, sulla base di principi e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi»[1]. Innanzitutto, già dalla definizione emerge un problema: il popolo come categoria assoluta, nel senso che non deve essere né istruito né corretto nelle sue intenzioni. Esso (il popolo) per sé già possiede il bene e il male, ma può anche decidere e cambiare cosa sia il bene e cosa il male. Il populismo equivale in sé a una negativa unificazione delle differenze, creando una divisione radicale all’interno di una società in “Noi” e “Loro” (nemici). 

Esiste, però, anche un’unificazione positiva in cui si opera per il benessere di ogni individuo, accettando le differenze tra di noi. Essa è la fraternità di cui parla Papa Francesco, il quale ci invita ad accettare, anzi ad amare il diverso, perché è il prossimo, «Nessuno matura né raggiunge la propria pienezza isolandosi»[2]. Infatti, nel sistema capitalistico – democratico, tutti possono essere cittadini con gli stessi diritti, ma nello stesso tempo, sentirsi forestieri esistenziali[3], abbandonati e marginalizzati. Il populismo, ancora, fa un passo avanti e tende a cancellare pure gli stessi diritti alle persone che non fanno parte del determinato gruppo ideologico.

Un’altra minaccia del populismo è la riduzione dell’identità. Già l’ontologia classica faceva una chiara distinzione tra la sostanza e l’accidente. Quello che può essere cambiato è l’accidente, non la sostanza. Filosoficamente parlando, il problema del populismo è che esso sottolinea soltanto gli accidenti, creando una falsa diversità tra le sostanze, che sono tutte uguali. Amartha Sen, nel suo libro “Identità e violenza”, sottolinea come la questione sia molto complessa perché si tende spesso a creare rivendicazioni conflittuali, enfatizzando le identità disparate che coinvolgono i gruppi diversi, generando la violenza.

Papa Francesco segue e supera questa traccia, ponendo l’accento sulla sostanza degli esseri umani, osservandoli come figli di Dio. Secondo l’approccio della fraternità, tutti gli esseri umani sono uguali e l’uguaglianza non è soltanto una dichiarazione. La fraternità, infatti, è il risultato «della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità»[4]. Il Papa supera la concezione di Sen perché, seguendo l’esempio di San Francesco, afferma che è molto importante amare ogni uomo per amore di Dio, senza negare la propria identità. [5]. Proprio qui si risolve il grande problema dei conflitti umani: Occorre agire secondo le regole divine, che superano quelle umane. Occorre inserire la categoria dell’amore, ma gli uomini senza Dio comprendono in modo inadeguato l’amore. Prima di tutto, l’amore è aperto alla propria Nazione e poi si estende, ma non finisce nell’universalismo astratto ma nel concreto.[6] Il Papa lo osserva come uno strumento di servizio alla pluridimensionalità, come mostra la parabola del Buon Samaritano: due persone che politicamente dovrebbero essere in conflitto si amano e si aiutano. Bisogna seguire tale esempio e promuovere la persona, considerandola come il dono di Dio, senza guardare la sua posizione nella società. Questo manca a tutte le concezioni che non osservano l’uomo, prendendo in considerazione la sua categoria divina. E per questo, il populismo minaccia l’identità, riducendola a un solo aspetto, non permettendo all’uomo la piena realizzazione.

Infatti, con il populismo si perde la libertà. La libertà si può comprendere come l’agire senza costrizioni. Tuttavia, questo non equivale al liberalismo, che minaccia anche la fraternità. Il problema del liberalismo è che ci sono soltanto i diritti senza i doveri. Antropologicamente, l’essenza dell’uomo è ridotta a un essere economico. Con il populismo, il dovere diventa seguire il gruppo, anziché amare e donare. Questo dovere implica la tendenza a creare un’omogeneità artificiale. Tuttavia, in una società omogenea, non ci sono valori particolari di ciascun membro. Dio, invece, evita l’omogeneità[7] chiamandoci tutti a dialogare per creare la pace. Infatti, «Il mondo esiste per tutti, perché tutti noi esseri umani nasciamo su questa terra con la stessa dignità. Le differenze di colore, religione, capacità, luogo di origine, luogo di residenza e tante altre non si possono anteporre o utilizzare per giustificare i privilegi di alcuni a scapito dei diritti di tutti. Di conseguenza, come comunità siamo tenuti a garantire che ogni persona viva con dignità e abbia opportunità adeguate al suo sviluppo integrale».[8] Così, se entriamo nelle polemiche populistiche, diventiamo incapaci di agire nella libertà e nella razionalità, perché spinti a pensare e ad agire come gli altri; invece, di rimanere persone libere, diventiamo soltanto schiavi e seguaci delle idee altrui. Il pericolo di tale schema è che il gruppo può andare verso uno stato immorale, come durante il tempo della Seconda Guerra Mondiale.

Infine, il populismo mette in pericolo il termine “popolo”. Il popolo, come categoria, ha diversi attributi da quelli proposti dal populismo. Prima di tutto, far parte di un popolo non è automatico, ma è un processo «lento e difficile»[9]. D’altra parte, ogni populismo, sebbene contenga in sé etimologicamente la nozione di popolo, finisce nell’egoismo, perché ha la tendenza di usare o eliminare i più deboli per i propri interessi[10], in aperto contrasto con la categoria del popolo, chiamato ad essere aperto, vivo e dinamico, pronto ad accogliere nuove sintesi includendo tutti[11]. Il populismo, invece, tende a creare nuove chiusure, dividendo il popolo e compromettendo il termine “popolo”, minacciando la dignità dell’essere umano. D’altra parte, il più grande problema è che equipara il popolo a Dio, che è l’unico essere buono in assoluto e non ha bisogno di essere istruito.

[1] Treccani: Populismo, online.

[2] FT 95

[3] Cfr. FT 97

[4] FT 104.

[5] Cfr. FT 3

[6] Cfr. FT 96-100

[7] Cfr. Papa Francesco FT 228.

[8] FT 118

[9] FT 158

[10] FT 155 – 160

[11] FT 160