La domanda è vecchia quanto il mondo: perché esiste il male? Se Dio è Buono, perché permette il male? La risposta più facile da dare ma difficile da comprendere veramente è che Dio ci ha creati liberi e la libertà è la più grande espressione dell’Amore. Il problema del male, dunque, non corrisponde alla libertà in sé, bensì all’uso che ne fa l’uomo.
In un incontro del febbraio di quest’anno tenutosi con Comunità di Connessioni, si è riflettuto sull’importanza delle parole in una società multi-dinamica come la nostra. Ad occupare un ruolo centrale sono sicuramente i social, capaci di trasmettere idee e parole con grande velocità ed in maniera pubblica.
Lo stesso sociologo Bauman ha coniato il termine “società liquida” proprio per delineare un contesto in cui valori e responsabilità sono messe da parte, cambiando in modo paradigmatico i rapporti.
I social sono un’opportunità o un male? Una risposta univoca non c’è, una cosa è certa: bisogna saper usare le parole, perché non sono solo importanti ma hanno anche delle conseguenze. Le parole che usiamo ci rappresentano o meglio fanno capire all’altro chi siamo, hanno il potere di accogliere, respingere, hanno il potere di ferire.
Il manifesto Parole O_Stili dal 2016 si occupa proprio di sensibilizzare contro la violenza delle parole, con l’obiettivo di definire il modo di stare in rete. L’Unione Europea si è occupata di delineare i diritti circa la libertà di espressione volti a non ledere la persona umana. É importante ricordare che dietro lo schermo c’è sempre un essere umano.
Per la Costituzione italiana, la libertà di espressione è un diritto basilare di ogni individuo. Questo diritto è garantito a tutte le persone, a prescindere dalla cittadinanza.
Gli individui, nell’esercizio del proprio diritto, sono comunque vincolati da doveri e responsabilità nei confronti della comunità e delle altre persone. Infatti, l’articolo 10 comma 2 della CEDU sottolinea come tale libertà può essere sottoposta a restrizioni previste dalla legge per assicurare altri diritti fondamentali.
Il web, rappresentando un grande spazio di interconnessione tra le persone, quotidianamente viene utilizzato dagli individui per esercitare il proprio diritto di espressione. Purtroppo, tuttavia, spesso, il diritto di manifestare pubblicamente le proprie idee si trasforma in condotte di hate speech (discorsi di odio), principalmente mediante l’utilizzo dei social.
L’Oxford english dictionary definisce l’odio come “espressione di estremo dispiacere e avversione” e tale sentimento viene trasmesso con parole di intolleranza nei confronti di altri gruppi sociali, soprattutto sulla base della provenienza etnica o della sessualità. Tutti i comportamenti di incitamento all’odio sono legati dalla negazione dell’umanità dell’altro e al perseguimento esclusivo dei propri interessi, esprimendosi nella deplorazione per la stessa esistenza degli altri individui considerati diversi.
É necessario immaginare i social come un luogo di cultura da abitare, con l’intento di incontrare l’altro. Tutto questo è possibile non solo con gli strumenti legislativi ma soprattutto con un cambio di rotta culturale, evitando l’aggressività e prediligendo il dialogo, sempre, non solo sui social ma anche nella vita.
Un esempio lo fornisce il Vangelo di Matteo, 5,39-48 “Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio” Gesù fa una richiesta ai suoi discepoli chiede di reagire al male ma non con un altro male ma praticando il bene, ed è solo chi è veramente capace di porgere l’altra guancia è libero realmente.
Nella Lettera ai Romani, 12, 17-21, San Paolo ci rammenta: “Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini”.
E quando ci sentiamo inermi o sopraffatti dalla drammatica realtà del male, dobbiamo essere in grado di vivere la speranza che per i credenti è davvero l’unica grande forza che si ha nel cuore, volgendo lo sguardo verso la Croce che non simboleggia la morte ma la Resurrezione, una vittoria guidata dall’amore. Sulla Croce, Cristo ha trionfato sul male rispondendo con il perdono. Perché, come afferma condivisibilmente Lisa Zuccarini, «chi semina perdono, raccoglie amore e riuscire a vedere il Cielo quando ci fanno del male è una grazia, pure grossa».