Avvocato con una carriera maturata nel settore dell’energia con incarichi di responsabilità nell’ambito della direzione del personale, delle relazioni industriali e della legislazione del lavoro. Già Consigliere del CNEL per due legislature. Dal 2016 al 2019 Presidente di Eni Foundation. È stato inoltre Presidente dell’associazione Cuore Onlus, ente autorizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le adozioni internazionali. Attualmente ricopre la carica di Direttore Generale di Confindustria Energia, Federazione che assicura gli interessi delle associazioni e delle aziende produttrici e distributrici di energia.

 

In un suo recente intervento il Commissario europeo all’economia Gentiloni ha sollecitato l’istituzione di un fondo sovrano europeo impegnato nello sviluppo di investimenti nel settore della transizione energetica nei singoli Stati membri. Un tale progetto è in grado di garantire una equa competizione tra le imprese europee?

Certamente tale proposta può essere condivisa restituendo una risposta strutturale alle esigenze di investimento in modelli di business più sostenibili dell’industria europea, fortemente esposta anche alla competizione sui mercati internazionali. Sarà importante che ciascun Paese europeo possa investire tali risorse secondo il principio di neutralità tecnologicasenza incorrere in particolari vincoli. In questo quadro vedo per le aziende italiane, se sostenute ed adeguatamente finanziate, importanti opportunità di crescita, sviluppo industriale e di know-how.

Tale fondo potrebbe, tra l’altro, garantire alle nostre aziende tempi certi nella realizzazione dei propri investimenti per la transizione energetica, offrendo la possibilità di creare sinergie anche nella realizzazione di progetti in tutto il territorio europeo. In più, tale fondo dovrebbe porsi l’obiettivo di sostenere la tutela dei lavoratori.

La transizione deve essere necessariamente inclusiva sostenendo la creazione di nuovi posti di lavoro e, al contempo, garantendo ai lavoratori già impiegati adeguata formazione.

 

Quali sono le maggiori difficoltà delle imprese italiane nel portare avanti progetti di transizione energetica?

Il problema principale che si trovano ad affrontare le aziende italiane è legato alla mancanza di un quadro normativo e regolatorio che assicuri tempi certi nella realizzazione dei progetti, con ripercussioni sugli investimenti.

Per questo motivo, ad oggi, molti progetti tardano ad essere avviati, lo abbiamo visto anche nel nostro studio sulle infrastrutture energetiche, creando conseguenze a catena sullo sviluppo e adeguamento degli impianti di produzione e sul sistema infrastrutturale chiamato a sostenere gli importanti cambiamenti richiesti dalla transizione energetica.

 

La priorità della Commissione europea è sviluppare idrogeno pulito e rinnovabile, prodotto utilizzando principalmente l’energia rinnovabile, opzione compatibile con l’obiettivo di neutralità climatica dell’UE a lungo termine. Quale è la realtà industriale italiana di questo settore e quali sono le prospettive?

L’Italia può giocare un ruolo cruciale di abilitatore per la strategia europea dell’idrogeno, garantendo un percorso sostenibile di sviluppo dell’intera filiera nazionale, considerando l’integrazione dell’intera catena del valore (produzione-stoccaggio-distribuzione) e le sue applicazioni. Infatti, l’idrogeno potrebbe rappresentare una soluzione per la decarbonizzazione efficiente e percorribile, proprio guardando alla complementarietà dei contributi dell’idrogeno stesso in tutte le sue forme, rinnovabile e decarbonizzato.

Nel caso dell’Italia è importante che venga comunque garantito uno sviluppo coordinato di tutte le tecnologie di decarbonizzazione – fonti rinnovabili elettriche, economia circolare, biocarburanti liquidi e gassosi, idrogeno e gas rinnovabili/low carbon – quale leva per il raggiungimento degli obiettivi della decarbonizzazione stessa, massimizzando l’efficienza economica della transizione energetica.

 

Allo scoppio della guerra in Ucraina, la politica energetica è mutata rapidamente con una notevole riduzione delle forniture di gas dalla Russia e incremento dell’acquisto di energia da Nord Africa e Medio Oriente. Quanto è importante la stabilizzazione delle relazioni tra i Paesi del Mediterraneo al fine di attuare una piena sicurezza energetica europea?

L’area del Mediterraneo rappresenta storicamente per l’Europa e l’Italia un centro di relazioni e di scambi commerciali che hanno consentito, negli anni, di sviluppare numerose opportunità industriali. In questo contesto, l’Italia, grazie anche alla sua posizione geografica, può giocare un ruolo di primo piano, favorendo la maggiore integrazione del mercato energetico del Mediterraneo con quello europeo, al fine di diversificare gli approvvigionamenti energetici e di incentivare modelli di sviluppo infrastrutturale sostenibili e integrabili, contribuendo, tra l’altro, allo sviluppo sostenibile dei Paesi interessati grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e alla condivisione di competenze e capacità industriali.

 

Per anni è stato presidente della Eni Foundation, ente importante nel fornire risposte ai bisogni delle persone nei Paesi in via di sviluppo. A quale progetto è rimasto più legato?

L’Eni Foundation è nata nel 2006 ed è attiva in otto Paesi e in due Continenti. Si occupa della realizzazione di strutture sanitarie in Paesi prevalentemente in via di sviluppo in cui la società petrolifera opera, migliorando i sistemi di diagnosi e controllo, potenziando l’accesso a farmaci e vaccini, e promuovendo la formazione continua del personale medico e infermieristico locale.

La fondazione assicura la tutela dei diritti fondamentali della persona, dalla sopravvivenza allo sviluppo sociale con uno sguardo particolarmente attento ai bambini.

Tutti i progetti di Eni Foundation sono degni della massima considerazione e mi riferisco a quelli in Algeria, Egitto, Myanmar, Ghana, Angola, Repubblica del Congo, Indonesia e Mozambico. Ricordo con molto affetto ed emozione il progetto in Mozambico che ha visto la realizzazione del centro sanitario di Zimpeto, quartiere alla periferia di Maputo, e che, nel 2019 ha ospitato Papa Francesco nel suo viaggio apostolico. Nel corso del viaggio, Sua Santità ha voluto visitare il centro sanitario prima di recarsi allo stadio sportivo per la celebrazione della Santa Messa; per me è stato un grande onore riceverlo. Mi piace ricordare in proposito le sue parole: “Ascoltare questo grido vi ha portato a capire che il trattamento medico, sebbene necessario, non era sufficiente; perciò avete considerato la problematica in tutta la sua integralità per ridare dignità alle donne e ai bambini, aiutandoli a progettare un futuro migliore”.